Tuttavia se dovessi ora decidere cosa significhino per davvero mi riuscirebbe estremamente difficile definirli.
Perchè forse alla fine i Verve sono talmente parte di me che credo di non poterli mai dimenticare mentre osservo un nuovo giorno che nasce o mentre, leggera, la notte scende sul mondo. Leggera.
In un attimo di estrema lucidità potrei persino affermare che se mai dovessi in futuro fare un film sceglierei la loro musica come colonna sonora. Quella dei primi dischi si intende. Quella lisergica, intrisa di malinconia, forza, perfetta descrizione di paesaggi immaginari, colorati e pervasi da una demiurgica visione degli spazi e del tempo. Una musica oceanica, tempestosa, che dopo 15 anni continua a riecheggiare. Discontinua.
Aby Warburg diceva che l'arte è un frammentario ricorso ad immagini antiche, le cui impronte non si perdono nel tempo ma vengono costantemente riproposte in forme e significati del tutto nuovi da ogni artista. E' chi crea qualcosa a mettere dentro la sua opera un mondo, una credenza, una filosofia. Ed io voglio pensare che in ogni piccola forma simbolica sia racchiuso davvero un profumo di antica saggezza e creazione, dato che persino la scienza non accetta che qualcosa muoia, ma che si trasformi. La musica dei Verve è forse la sopravvivenza estatica di un canto primordiale. Non saprei. O forse è semplicemente la sensibilità più agitata di un cantore errante. E' probabilmente l'engramma di un canto epico. Si probabilmente lo è.
The Sun, The Sea. Il sole, il mare. Ecco, la musica dei Verve è un paesaggio. E' una descrizione. E'un'immagine raccontata, dettagliatamente.
E io penso che descrivere qualcosa, già a parole sia una cosa bellissima e complicatissima. Specialmente se si prova a suscitare emozioni, o meglio a rinnovarle, partendo da quelle perdute nella notte dei tempi.
C'è una normale difficoltà in tutto questo, la solita disperazione che uno scrittore prova dinanzi alla pagina bianca. Un ostacolo che persino i Verve hanno dovuto superare, anche dopo aver dato la definizione più esatta di quella che anche io credo sia la vera "bellezza", dell'arte, della musica, della vita, della persona che vorresti sempre al tuo fianco:
Ye know on earth, and all ye need to know"...
Sia Platone che Dostoevskij non credevano in questo mondo, preda della bruttezza, bensì non smisero mai di credere nell'oltremondo della Bellezza - intesa appunto come fuoriuscita da un mondo inferiore. Entrambi corroborarono la profezia sulla Bellezza salvatrice.
E se poi la bellezza davvero deve essere generata come ogni sentimento,emozione,paura, allora forse è la "grazia" a donarle la vita, un qualcosa di cui è difficle parlare, in questa mattina di velluto...appena nata...
Grace, she carries a world on her hips[...]
Because grace makes beauty
Out of ugly things...