Stereophonics - Language Sex Violence & Other

Altra recensione del 2005. Direi che ero rimasto deluso dal disco dei "nuovi" Phonics. Ancora adesso non riesco a digerirlo. Peccato!


"Un eccellente disco di rock moderno", e se lo dice l'NME, gli inglesi sono anche capaci di mandare una canzonetta carina come Dakota al n°1 in classifica. Il problema è un altro : ormai Kelly Jones non sa più dove sbattere la testa. Da autore di due godibilissimi album come i primi Word Gets Around e Performance & Coktails, ha giocato a fare prima il piccolo cantastorie acustico in J.E.E.P. e poi il nuovo "black crow" anni '70. Quello che ci piaceva di lui erano le ballatone strappalacrime, e alcune canzoni britpop suonate e interpretate meglio degli amici Oasis, ma adesso siamo proprio alla deriva.

Kelly Jones ha trasformato i suoi Stereophonics in un melenso tentativo di star dietro alle nuove band indie-rock che vanno tanto di moda adesso. Piccole intrusioni di elettronica nelle canzoni, non fanno un grande album, e nemmeno il falsetto alla Bono dei vecchi tempi, pezzi come "Brother", "Doorman", "Devil", "Girl", diciamoci la verità, sono abbastanza noiosi. La vecchia vena compositiva, quella che ci piace, è in un gioiellino inserito a metà album, come "Rewind", in cui un giro di chitarra scopiazzato dai Ride di "Vapour Trail", la voce di Kelly, e la batteria del nuovo arrivato Javier Weyler la fanno da padroni regalandoci una bella atmosfera.

La chiusura del cd, con "Feel", cerca di risollevare la situazione regalandoci un altro brano di grande intensità... ma nulla più.
Come disse il buon vecchio Keith Richards "Ritornate quando avrete più cose da dire".

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